Tradimento coniugale: risarciti 20.000€ per danno morale – Tribunale Napoli Nord 2024

Tradimento coniugale: risarciti 20.000€ per danno morale – Tribunale Napoli Nord 2024

Nel panorama giuridico italiano, una recente sentenza del Tribunale di Napoli Nord del 2024 ha riacceso il dibattito sulla quantificazione del danno derivante dalla violazione dei doveri coniugali. Il caso in esame solleva una questione fondamentale: fino a che punto il tradimento può essere fonte di risarcimento del danno? La decisione del tribunale offre spunti interessanti sulla valutazione del danno morale ed esistenziale in ambito familiare, aprendo nuovi scenari interpretativi. Quali sono i confini tra la sfera privata e l’intervento del diritto nelle dinamiche coniugali?

Per una consulenza specializzata su casi simili, contatta l’Avv. Cosimo Montinaro – Tel. 0832/1827251 – e-mail segreteria@studiomontinaro.it.

Per una comprensione completa della vicenda giudiziaria, ti invitiamo a proseguire con la lettura del testo completo.

INDICE

  • ESPOSIZIONE DEI FATTI
  • NORMATIVA E PRECEDENTI
  • DECISIONE DEL CASO E ANALISI
  • ESTRATTO DELLA SENTENZA

ESPOSIZIONE DEI FATTI

La vicenda giudiziaria trae origine da una complessa situazione familiare, culminata in una separazione giudiziale tra i coniugi. Il ricorrente, ex marito, ha adito il Tribunale di Napoli Nord chiedendo il risarcimento del danno morale ed esistenziale subito a causa del comportamento della ex moglie, con particolare riferimento a una relazione extraconiugale intrattenuta da quest’ultima.

Il fulcro della controversia si concentra sulle modalità con cui tale relazione extraconiugale si è sviluppata e manifestata. Secondo quanto esposto dal ricorrente, la condotta della ex moglie avrebbe superato i confini della mera infedeltà coniugale, caratterizzandosi per una particolare mancanza di discrezione e riservatezza che avrebbe leso la sua dignità personale.

La vicenda si inserisce in un contesto di separazione già formalizzato: il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere aveva infatti pronunciato la separazione giudiziale con addebito nei confronti della moglie, decisione successivamente confermata dalla Corte d’Appello di Napoli. Tali pronunce, passate in giudicato, hanno costituito la base fattuale su cui si è innestata la presente azione risarcitoria.

Elementi cruciali emersi dalle precedenti sentenze includono episodi in cui la ex moglie si sarebbe intrattenuta presso l’abitazione del suo partner extraconiugale, talvolta in presenza della figlia minore della coppia. Inoltre, sono stati riportati episodi di ostentazione pubblica della relazione extraconiugale, come passeggiate per strada e incontri nel parco dove era ubicata la casa coniugale.

Particolarmente rilevante è stata considerata la circostanza in cui l’amante della ex moglie sarebbe stato ospitato nella casa coniugale, con episodi di intimità avvenuti persino nella camera da letto matrimoniale. Questi fatti, secondo la ricostruzione del ricorrente, avrebbero non solo violato il dovere di fedeltà coniugale, ma anche oltrepassato i limiti della normale tollerabilità, arrecando un danno alla sua sfera personale e sociale.

La ex moglie, costituitasi in giudizio, ha contestato le richieste del ricorrente, chiedendo il rigetto della domanda risarcitoria. Il contrasto tra le parti si è quindi incentrato non solo sulla sussistenza dei presupposti per il risarcimento del danno, ma anche sulla quantificazione dello stesso, qualora riconosciuto.

Questo quadro fattuale ha posto il Tribunale di fronte alla necessità di valutare attentamente il confine tra la sfera privata delle relazioni familiari e l’intervento del diritto civile a tutela dei diritti fondamentali della persona, anche all’interno del contesto matrimoniale.

NORMATIVA E PRECEDENTI

Il caso in esame si inserisce in un complesso quadro normativo e giurisprudenziale che ha visto una significativa evoluzione negli ultimi decenni. Il punto di partenza è rappresentato dall’articolo 143 del Codice Civile, che delinea i doveri reciproci dei coniugi, tra cui spiccano la fedeltà, l’assistenza morale e materiale, la collaborazione nell’interesse della famiglia e la coabitazione.

La violazione di questi doveri, in particolare quello di fedeltà, è stata tradizionalmente sanzionata nell’ambito del diritto di famiglia attraverso l’istituto dell’addebito della separazione, disciplinato dall’articolo 151 del Codice Civile. Tuttavia, la giurisprudenza ha progressivamente riconosciuto che tale sanzione potesse non essere sufficiente a ristorare i danni subiti dal coniuge tradito, aprendo così la strada a una tutela risarcitoria più ampia.

Un punto di svolta in questa evoluzione è rappresentato dalla sentenza n. 6598 del 2019 della Corte di Cassazione, citata esplicitamente dal Tribunale di Napoli Nord. Questa pronuncia ha ribadito che la violazione del dovere di fedeltà coniugale può dar luogo al risarcimento dei danni non patrimoniali, ai sensi dell’articolo 2059 del Codice Civile, anche in assenza di una pronuncia di addebito della separazione.

La Suprema Corte ha però precisato che il risarcimento non discende automaticamente dalla mera violazione del dovere di fedeltà. È necessario che la condotta lesiva superi una certa soglia di gravità, traducendosi nella violazione di un diritto costituzionalmente protetto, come il diritto alla salute, all’onore o alla dignità personale.

Questo orientamento si inserisce nel solco di una giurisprudenza che ha progressivamente riconosciuto la configurabilità del cosiddetto danno endofamiliare, come evidenziato dalla sentenza n. 18853 del 15 settembre 2011 della Cassazione. Questa pronuncia ha definitivamente “slegato” il diritto al risarcimento del danno dalla pronuncia di addebito della separazione, prevedendo la legittimità di un’azione risarcitoria autonoma.

Il quadro normativo di riferimento comprende anche l’articolo 2 della Costituzione, che tutela i diritti inviolabili dell’uomo, e l’articolo 29 della Costituzione, che riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Questi principi costituzionali fungono da parametro per valutare la gravità della lesione e la meritevolezza della tutela risarcitoria.

Nel valutare la sussistenza dei presupposti per il risarcimento, i giudici devono operare un delicato bilanciamento tra diversi interessi costituzionalmente rilevanti. Da un lato, il diritto del coniuge tradito all’integrità della vita familiare e alla tutela della propria dignità; dall’altro, il diritto all’autodeterminazione nelle scelte personali e sentimentali del coniuge autore della violazione.

La giurisprudenza ha inoltre chiarito che la quantificazione del danno non patrimoniale in questi casi richiede una valutazione equitativa, come previsto dall’articolo 1226 del Codice Civile. Questa valutazione deve tenere conto di vari fattori, tra cui la durata e l’intensità del rapporto matrimoniale, le modalità del tradimento e le conseguenze psicologiche e sociali sul coniuge tradito.

Infine, va menzionato il principio generale della responsabilità civile sancito dall’articolo 2043 del Codice Civile, che impone il risarcimento per qualsiasi fatto doloso o colposo che cagioni ad altri un danno ingiusto. Questo principio, applicato all’ambito familiare, ha portato alla configurazione di una responsabilità civile endofamiliare, che si affianca e talvolta si sovrappone ai rimedi tipici del diritto di famiglia.

Questo complesso quadro normativo e giurisprudenziale ha fornito al Tribunale di Napoli Nord gli strumenti per valutare la domanda risarcitoria nel caso specifico, bilanciando i diversi interessi in gioco e cercando di quantificare equamente il danno subito dal ricorrente.

DECISIONE DEL CASO E ANALISI

Il Tribunale di Napoli Nord, dopo un’attenta disamina dei fatti e del quadro normativo di riferimento, ha accolto parzialmente la domanda del ricorrente, riconoscendo il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale derivante dalla condotta infedele della ex moglie.

La decisione si basa su una valutazione approfondita delle prove acquisite, in particolare delle sentenze precedenti che avevano già accertato l’addebito della separazione a carico della convenuta. Il Tribunale ha ritenuto che queste pronunce costituissero una prova atipica utilizzabile nel presente giudizio, con valore di presunzione semplice ai sensi dell’articolo 2729 del Codice Civile.

L’elemento centrale della decisione risiede nella valutazione della gravità della condotta della ex moglie. Il Tribunale ha ritenuto che le modalità con cui si è svolta la relazione extraconiugale abbiano superato la soglia della normale tollerabilità, configurando una lesione della dignità personale del ricorrente. In particolare, sono stati considerati rilevanti gli episodi di ostentazione pubblica della relazione e l’introduzione dell’amante nell’ambiente domestico, inclusa la camera da letto coniugale.

Il giudice ha operato un delicato bilanciamento tra il diritto alla tutela della dignità personale del ricorrente e il diritto all’autodeterminazione nelle scelte sentimentali della convenuta. In questo bilanciamento, ha ritenuto che la condotta della ex moglie abbia ecceduto i limiti del legittimo esercizio della libertà personale, configurando un illecito civile meritevole di tutela risarcitoria.

Nella quantificazione del danno, il Tribunale ha adottato un approccio analitico, distinguendo tra danno morale e danno esistenziale. Per il danno morale, inteso come lesione della dignità umana, è stata liquidata una somma di 10.000 euro. Per il danno esistenziale, il giudice ha considerato sia le naturali conseguenze di ogni separazione in termini di cambiamento delle abitudini di vita, sia le specifiche difficoltà incontrate dal ricorrente sul piano sociale a causa del comportamento della ex moglie. Anche per questa voce è stata riconosciuta una somma di 10.000 euro.

La liquidazione complessiva di 20.000 euro è stata effettuata in via equitativa, come previsto dall’articolo 1226 del Codice Civile, tenendo conto della particolarità del caso e della difficoltà oggettiva di quantificare precisamente un danno di natura non patrimoniale.

Il Tribunale ha inoltre disposto la rivalutazione della somma liquidata dalla data del fatto illecito (febbraio 2011) fino alla data della sentenza, applicando gli indici ISTAT. Sono stati riconosciuti anche gli interessi legali sulla somma rivalutata, in linea con i principi espressi dalle Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza n. 1712 del 1995.

Questa decisione si inserisce nel filone giurisprudenziale che riconosce la risarcibilità del danno endofamiliare, ma con alcune precisazioni importanti. Il Tribunale ha ribadito che non ogni violazione dei doveri coniugali dà automaticamente diritto al risarcimento, ma solo quelle condotte che, per la loro gravità e le modalità di realizzazione, ledono diritti fondamentali della persona costituzionalmente tutelati.

La sentenza offre spunti interessanti anche sul piano probatorio, evidenziando come le pronunce emesse in altri giudizi possano essere utilizzate come prove atipiche, contribuendo a formare il convincimento del giudice.

In conclusione, questa decisione del Tribunale di Napoli Nord rappresenta un importante contributo alla giurisprudenza in materia di danno endofamiliare, offrendo criteri concreti per la valutazione e la quantificazione del danno derivante dalla violazione dei doveri coniugali.

ESTRATTO DELLA SENTENZA

Orbene, dalla disamina delle sentenze allegate può dirsi accertato che la condotta della resistente abbia leso la dignità dell’allora coniuge. Come noto, l’elencazione delle prove civili contenuta nel codice di rito non è tassativa, e quindi devono ritenersi ammissibili le prove atipiche, la cui efficacia probatoria è quella di presunzioni semplici ex art. 2729 c.c. od argomenti di prova. Sono prove atipiche i verbali di prove espletati in altri giudizi, la perizia resa in altro giudizio fra le stesse od altre parti, la sentenza resa in altro giudizio.

Nello specifico, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, con sentenza confermata dalla Corte d’Appello di Napoli, ha accertato che la signora in più occasioni si è intrattenuta (anche con la propria figlia minore) presso l’abitazione del suo amante e che, quando il più di una volta si è recato presso detta abitazione per prelevare la con la figlia minore, la signora ha continuato a rimanere con il suo amante mentre il andava via con la figlia minore; la ed il suo amante sono stati visti più volte passeggiare per la strada ancora i costanza di matrimonio; la signora ha ospitato il sig. presso la propria casa coniugale e si abbracciava con quest’ultimo nella camera da letto dei coniugi ed, al riguardo, è stato anche accertato che il è stato visto nel Parco ove è ubicata la casa coniugale, circostanza che evidenzia una ostentazione della relazione extraconiugale che stride con quel minimo di ritegno che i doveri di solidarietà impongono ad un coniuge, e ciò anche in una fase di crisi avanzata del rapporto di coppia.

Per le esposte argomentazioni si reputa fondata la domanda del ricorrente.

In ordine al quantum, la quantificazione del danno non patrimoniale è sempre difficoltosa, e richiede una valutazione svolta per indici presuntivi e secondo nozioni di comune esperienza, anche mediante il ricorso alla equità.

Orbene, con riguardo al danno morale, da intendersi come danno da lesione della dignità umana, si reputa equo liquidare lo stesso nella somma di euro 10.000,00.

*Quanto al preteso danno esistenziale, si reputa che vada dato peso al fatto che la naturale conseguenza di ogni separazione è il cambiamento delle abitudini di vita, e ciò in ordine alla abitazione ma anche spesso in ordine a parte delle frequentazioni sociali; dunque, tenuto conto di ciò da un lato, ma dall’altro anche delle indubbie difficoltà incontrate dal ricorrente sul piano sociale a fronte del comportamento della moglie che aveva reso pubblica la sua relazione, si reputa equo liquidare il danno esistenziale nella somma di euro 10.000,00.

Dunque complessivamente parte resistente va condannata al pagamento della somma di euro 20.000,00 in favore dell’ex coniuge.

Essendo stata effettuata la liquidazione di cui sopra all’attualità, sulla somma anzidetta, devalutata alla data del fatto illecito (febbraio 2011) e rivalutata anno per anno secondo gli indici Istat dei prezzi al consumo per le famiglie di impiegati ed operai, sono dovuti in adesione all’orientamento della S.C. (S.U. n. 1712/1995) gli interessi nella misura legale a partire dalla data del sinistro fino al saldo.

Spettano ovviamente gli interessi legali sulla suindicata somma liquidata dalla presente pronuncia sino al soddisfo effettivo.

Infatti, per effetto del passaggio in giudicato della sentenza che provvede sulla liquidazione del danno, l’obbligazione risarcitoria, che è debito di valore, si trasforma in debito di valuta (cfr. Cass. 10.10.1988 n. 5465).

Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo, facendo applicazione dei criteri minimi di cui al dm 55/2014 per la semplicità della controversia, tenendo conto del decisum e dell’attività svolta …

(Tribunale di Napoli Nord, Sentenza n. 3496/2024)

La sentenza in esame del Tribunale di Napoli Nord rappresenta un importante contributo alla giurisprudenza in materia di danno endofamiliare, offrendo una dettagliata analisi dei presupposti necessari per il riconoscimento del risarcimento del danno derivante dalla violazione dei doveri coniugali, in particolare del dovere di fedeltà.

Il giudice ha operato un’attenta valutazione dei fatti, basandosi su prove atipiche come le sentenze precedenti, per accertare la gravità della condotta della ex moglie. La decisione evidenzia come non sia la mera infedeltà a giustificare il risarcimento, ma le modalità con cui questa si è manifestata, che nel caso specifico hanno superato la soglia della normale tollerabilità, ledendo la dignità personale del ricorrente.

Particolarmente interessante è l’approccio adottato nella quantificazione del danno. Il Tribunale ha distinto tra danno morale e danno esistenziale, riconoscendo per ciascuna voce una somma di 10.000 euro. Questa distinzione riflette una tendenza giurisprudenziale a valutare in modo analitico le diverse componenti del danno non patrimoniale, cercando di offrire una tutela il più possibile completa alla vittima dell’illecito.

La sentenza offre anche spunti significativi sul piano processuale, in particolare riguardo all’utilizzo di prove atipiche e al valore probatorio delle sentenze rese in altri giudizi. Questo aspetto può avere importanti implicazioni pratiche per gli avvocati che si trovano a gestire casi simili.

Infine, la decisione del Tribunale di Napoli Nord si inserisce nel più ampio dibattito sulla responsabilità civile in ambito familiare, confermando la tendenza a riconoscere una tutela risarcitoria anche all’interno delle relazioni familiari, pur nel rispetto dei principi di autodeterminazione e libertà personale.

In conclusione, questa sentenza rappresenta un importante punto di riferimento per la giurisprudenza futura in materia di danno endofamiliare, offrendo criteri concreti per la valutazione e la quantificazione del danno derivante dalla violazione dei doveri coniugali, e confermando l’importanza di un approccio equilibrato e attento alle peculiarità di ogni singolo caso nella delicata materia del diritto di famiglia.

.

error: Contenuto protetto!
Torna in alto
ChiamaWhatsapp