Artista del Teatro dell’Opera di Roma si infortuna su tirante non segnalato: la Corte d’Appello riconosce responsabilità da custodia con concorso di colpa – Corte di Appello di Roma 2025

Un nuovo caso di responsabilità civile da custodia ha interessato il mondo teatrale italiano, evidenziando i delicati equilibri tra sicurezza sui luoghi di lavoro e doveri di attenzione del personale artistico. La vicenda ha coinvolto una corista del Teatro dell’Opera di Roma che, durante le prove di una rappresentazione operistica, ha subito un grave infortunio cadendo su un tirante metallico non adeguatamente segnalato posto dietro le quinte del palcoscenico.

L’episodio, verificatosi nel corso delle prove dell’opera “La dama di Picche“, ha sollevato importanti questioni giuridiche relative all’applicazione dell’articolo 2051 del Codice Civile in materia di responsabilità per danni da cose in custodia. La artista, nell’attraversare quello che riteneva essere l’unico passaggio disponibile per raggiungere la propria posizione scenica, è inciampata su un cavo d’acciaio posizionato a soli dieci centimetri da terra e collegato a un’impalcatura scenografica, riportando una lussazione del gomito destro con conseguente invalidità permanente.

La complessità del caso risiede nella valutazione del nesso causale tra la presenza dell’ostacolo non segnalato e l’infortunio, nonché nella determinazione dell’eventuale concorso di responsabilità della vittima stessa. Le circostanze dell’evento hanno infatti evidenziato particolari aspetti relativi all’illuminazione del luogo dell’incidente e alle comunicazioni intercorse tra il personale tecnico e gli artisti riguardo ai percorsi sicuri da utilizzare durante le prove.

La questione ha attraversato due gradi di giudizio, con esiti differenti che hanno portato all’intervento della Corte di Appello di Roma nel 2025 per una definitiva risoluzione della controversia. Il pronunciamento finale ha delineato principi importanti sia per il settore teatrale che per la più ampia disciplina della responsabilità civile, stabilendo criteri chiari per la valutazione della responsabilità oggettiva e del concorso colposo nelle situazioni di infortunio professionale.

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Indice

  • ESPOSIZIONE DEI FATTI
  • NORMATIVA E PRECEDENTI
  • DECISIONE DEL CASO E ANALISI
  • ESTRATTO DELLA SENTENZA

ESPOSIZIONE DEI FATTI

La vicenda giudiziaria trae origine da un infortunio sul lavoro verificatosi presso il Teatro dell’Opera di Roma nella mattinata del giugno 2015. La protagonista, un’artista del coro in servizio presso la prestigiosa istituzione culturale romana, si trovava impegnata nelle prove della rappresentazione operisticaLa dama di Picche” quando, durante la seconda parte delle prove, si è verificato l’incidente che ha dato origine alla lunga controversia legale.

L’area del sinistro era collocata nel retropalco, quello spazio tecnico dietro le quinte dove vengono posizionati materiali scenografici, attrezzature e dove gli artisti si muovono per raggiungere le proprie posizioni sceniche. In questo contesto lavorativo specifico, caratterizzato da continui cambiamenti di allestimento scenografico e da movimenti coordinati di personale artistico e tecnico, la sicurezza riveste un ruolo fondamentale per prevenire incidenti.

Durante l’attraversamento di quello che appariva essere l’unico passaggio utilizzabile per entrare in scena, l’artista è inciampata in un tirante in ferro non visibile né adeguatamente segnalato. Il cavo metallico era posizionato ad un’altezza di circa dieci centimetri dal pavimento e risultava collegato ad una impalcatura utilizzata dal macchinista e dal direttore di scena per far muovere una coreografia sul palco durante lo spettacolo. La presenza di questo ostacolo non segnalato si è rivelata fatale per la sicurezza dell’artista.

L’impatto con il tirante ha provocato una rovinosa caduta che ha determinato una lussazione del gomito destro della corista, lesione che ha reso necessario il trasporto presso l’Ospedale San Giovanni Addolorata di Roma. La diagnosi medica ha evidenziato una compromissione dell’articolazione che ha comportato conseguenze permanenti per la salute dell’artista, con una invalidità permanente del 7% preceduta da un periodo di inabilità temporanea totale di 30 giorni e da una inabilità temporanea parziale al 50% per ulteriori 30 giorni.

Le circostanze specifiche dell’incidente hanno evidenziato diverse problematiche di sicurezza. Secondo la ricostruzione fornita dall’artista, l’illuminazione dell’area era scarsa, caratterizzata dalla presenza di un’unica luce proveniente dall’alto che, anziché facilitare la visibilità del piano di calpestio, creava condizioni di penombra che impedivano di vedere chiaramente eventuali ostacoli posizionati a terra. Inoltre, il personale del coro non era stato preventivamente informato della presenza del tirante né erano state fornite indicazioni alternative sui percorsi sicuri da utilizzare per raggiungere le posizioni sceniche.

L’attrezzatura scenografica coinvolta nell’incidente era funzionale alle esigenze dello spettacolo e faceva parte del sistema di movimentazione delle scenografie dell’opera “La dama di Picche“, caratterizzata da scene dinamiche che richiedevano l’utilizzo di meccanismi complessi per il movimento degli elementi scenografici durante la rappresentazione.

NORMATIVA E PRECEDENTI

Il quadro normativo di riferimento per la risoluzione della controversia si basa principalmente sull’articolo 2051 del Codice Civile, che disciplina la responsabilità per danni da cose in custodia. Questa norma stabilisce che “ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”, configurando una forma di responsabilità oggettiva che prescinde dalla valutazione della colpa del custode e si basa esclusivamente sul nesso causale tra la cosa in custodia e l’evento dannoso.

La giurisprudenza di legittimità ha consolidato nel tempo un orientamento secondo cui la responsabilità ex articolo 2051 ha carattere oggettivo e non presunto, essendo sufficiente per la sua configurazione la dimostrazione da parte dell’attore del nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno. Sul custode grava invece l’onere della prova liberatoria del caso fortuito, rappresentato da un fatto naturale o del danneggiato o di un terzo, connotato da imprevedibilità ed inevitabilità dal punto di vista oggettivo.

In subordine alla disciplina dell’articolo 2051, la difesa aveva invocato l’applicazione dell’articolo 2049 del Codice Civile in tema di responsabilità dei padroni e dei committenti per i fatti illeciti commessi dai propri dipendenti nell’esercizio delle incombenze loro affidate. Questa disposizione prevede che “i padroni e i committenti sono responsabili per i danni arrecati dal fatto illecito dei loro domestici e commessi nell’esercizio delle incombenze a cui sono adibiti”.

Ulteriore riferimento normativo è costituito dall’articolo 2043 del Codice Civile, che stabilisce il principio generale della responsabilità extracontrattuale disponendo che “qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”. Questa norma richiede la dimostrazione della colpa del danneggiante e trova applicazione quando non ricorrono i presupposti delle altre forme di responsabilità oggettiva.

Particolare rilevanza assume nell’economia della decisione l’articolo 1227 del Codice Civile in tema di concorso del fatto colposo del creditore, applicabile alla responsabilità extracontrattuale per l’espresso richiamo contenuto nell’articolo 2056. Tale norma stabilisce che “se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l’entità delle conseguenze che ne sono derivate”.

La giurisprudenza più recente ha chiarito che nella responsabilità ex articolo 2051, la condotta del danneggiato che entri in interazione con la cosa si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela. Quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente nel dinamismo causale del danno.

La Suprema Corte ha precisato che per il risarcimento del danno cagionato da cose in custodia, l’articolo 2051 non richiede la prova dell’esistenza di una specifica, intrinseca pericolosità della cosa in sé, ma esige comunque che il danneggiato dimostri l’esistenza di un efficace nesso causale tra la cosa e l’evento, prova che si esaurisce nella dimostrazione che l’evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta dalla cosa considerata nella sua globalità.

DECISIONE DEL CASO E ANALISI

La Corte di Appello di Roma ha accolto parzialmente l’appello proposto contro la sentenza di primo grado che aveva rigettato integralmente la domanda risarcitoria. I giudici di secondo grado hanno riformato la decisione del Tribunale, riconoscendo la responsabilità del Teatro dell’Opera ma stabilendo un concorso di colpa del 50% a carico dell’artista infortunata.

La valutazione delle prove testimoniali ha costituito il punto centrale della decisione. Il collegio ha rilevato come dalle testimonianze emergesse un contrasto insanabile tra le dichiarazioni rese dai diversi testi riguardo all’illuminazione del luogo dell’incidente e agli eventuali avvisi preventivi forniti al personale del coro. Secondo il principio consolidato per cui l’insufficienza del quadro probatorio ricade in danno della parte sulla quale grava l’onere della prova, tale contrasto testimoniale è stato valutato a sfavore del Teatro dell’Opera, sul quale incombeva l’onere di dimostrare il caso fortuito.

I giudici hanno ritenuto inattendibili le dichiarazioni di alcuni testi della parte convenuta, in particolare quella del direttore di scena che aveva sostenuto l’esistenza di adeguata illuminazione e di preventivi avvisi al personale artistico. Tale valutazione si è basata sia sulla posizione di interesse del dichiarante, direttamente coinvolto nella gestione tecnica del palcoscenico, sia sulla contraddittorietà delle sue affermazioni rispetto alle altre testimonianze acquisite, incluse quelle di tecnici della stessa parte convenuta.

La responsabilità oggettiva ex articolo 2051 del Codice Civile è stata affermata sulla base dell’accertato nesso causale tra la presenza del tirante metallico non segnalato e l’infortunio dell’artista. La Corte ha evidenziato come un cavo posto a soli dieci centimetri da terra in un passaggio utilizzato per l’accesso alle posizioni sceniche rappresenti una situazione di pericolo oggettiva che il custode aveva l’obbligo di segnalare o eliminare.

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