Nel panorama del credito al consumo, la trasparenza delle condizioni contrattuali riveste un ruolo fondamentale per la tutela del contraente debole. Ma cosa accade quando il Tasso Annuo Effettivo Globale (TAEG) indicato nel contratto non corrisponde a quello effettivamente applicato? Una recente sentenza del Tribunale di Lecce del 2024 affronta questa delicata questione, mettendo in luce le conseguenze di un’errata indicazione del TAEG e le tutele previste dall’ordinamento a favore del consumatore. Il caso in esame solleva interrogativi cruciali sulla corretta determinazione dei costi del credito e sulle sanzioni applicabili in caso di violazioni, aprendo nuovi scenari interpretativi nel complesso rapporto tra istituti finanziari e clienti.
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Per una comprensione completa della vicenda giudiziaria, ti invitiamo a proseguire con la lettura del testo completo.
INDICE
- ESPOSIZIONE DEI FATTI
- NORMATIVA E PRECEDENTI
- DECISIONE DEL CASO E ANALISI
- ESTRATTO DELLA SENTENZA
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ESPOSIZIONE DEI FATTI
La vicenda giudiziaria in esame trae origine da un contratto di finanziamento stipulato tra due consumatori e una società finanziaria. Quest’ultima, in seguito al mancato pagamento delle rate da parte dei debitori, aveva ottenuto un decreto ingiuntivo per il recupero della somma di €7.455,78, oltre interessi e spese. I consumatori avevano proposto opposizione al decreto ingiuntivo, contestando la correttezza del calcolo del Tasso Annuo Effettivo Globale (TAEG) indicato nel contratto.
Il punto centrale della controversia riguardava l’inclusione o meno dei costi relativi alla polizza assicurativa connessa al finanziamento nel calcolo del TAEG. Secondo gli opponenti, tali costi avrebbero dovuto essere considerati ai fini della determinazione del tasso effettivo, in quanto la polizza, pur non formalmente obbligatoria, era nella sostanza imposta dalla finanziaria come condizione per l’erogazione del credito.
Nel corso del procedimento, il giudice ha disposto una consulenza tecnica d’ufficio per verificare l’effettivo TAEG applicato al contratto. L’esito della perizia ha evidenziato una discrepanza tra il TAEG dichiarato in contratto (10,89%) e quello effettivamente applicato (11,11%), calcolato includendo i costi della polizza assicurativa.
La consulenza ha inoltre accertato che, ricalcolando il piano di ammortamento applicando il tasso dei Buoni Ordinari del Tesoro (BOT) vigente al momento della conclusione del contratto (0,69%), il debito residuo dei consumatori si riduceva significativamente, passando da €7.455,78 a €4.021,15.
Sulla base di questi elementi, il giudice è stato chiamato a pronunciarsi sulla validità del contratto, sull’eventuale nullità della clausola relativa agli interessi e sulla corretta determinazione del debito residuo.
NORMATIVA E PRECEDENTI
Il caso in esame si inserisce nel complesso quadro normativo relativo alla tutela del consumatore nel settore del credito al consumo. Il riferimento principale è rappresentato dal Testo Unico Bancario (D.Lgs. 385/1993), in particolare dagli articoli 117, 121 e 125-bis, che disciplinano rispettivamente i requisiti di trasparenza dei contratti bancari, la definizione di credito al consumo e le specifiche tutele previste per questa tipologia di finanziamenti.
L’art. 117, comma 6, del TUB sancisce la nullità delle clausole contrattuali che prevedono tassi, prezzi e condizioni più sfavorevoli per i clienti rispetto a quelli pubblicizzati. Il comma 7 del medesimo articolo prevede che, in caso di nullità di tali clausole, si applichino i tassi nominali minimi e massimi dei Buoni Ordinari del Tesoro annuali o di altri titoli similari eventualmente indicati dal Ministro dell’economia e delle finanze.
L’art. 125-bis, comma 6, del TUB stabilisce che, in caso di nullità o di mancata indicazione del TAEG, il consumatore è tenuto a corrispondere solo il capitale e gli interessi calcolati al tasso legale. Il comma 7 dello stesso articolo prevede che, nei casi in cui il TAEG pubblicizzato o indicato nel contratto sia inferiore a quello effettivamente applicato, il consumatore ha diritto al risarcimento del danno.
Per quanto riguarda l’inclusione dei costi assicurativi nel calcolo del TAEG, la sentenza fa riferimento all’art. 2, comma 3, lettera d) del D.M. 8 luglio 1992, come modificato dal D.M. 6 maggio 2000. Tale norma prevede che nel calcolo del TAEG debbano essere incluse “le spese per le assicurazioni o garanzie imposte dal creditore, intese ad assicurargli il rimborso totale o parziale del credito in caso di morte, invalidità, infermità o disoccupazione del consumatore“.