La corretta e trasparente gestione del condominio rappresenta uno dei pilastri fondamentali per il buon funzionamento della vita condominiale. In questo contesto, il ruolo dell’amministratore di condominio assume particolare rilevanza, essendo questi il soggetto deputato alla gestione quotidiana delle questioni condominiali, alla presentazione dei rendiconti e all’esecuzione delle delibere assembleari. La normativa italiana prevede specifici casi in cui i condomini possono richiedere la revoca giudiziale dell’amministratore, richiamando il concetto di “gravi irregolarità” stabilito dall’art. 1129 del codice civile. Proprio su questo delicato tema si è pronunciato il Tribunale di Napoli nel 2025, offrendo importanti chiarimenti sui presupposti necessari per ottenere la revoca dell’amministratore condominiale.
Il caso in esame riguarda un ricorso presentato da due condomine, rispettivamente usufruttuaria e nuda proprietaria di un immobile facente parte di un condominio napoletano, le quali lamentavano diverse presunte irregolarità nella gestione condominiale. Tra le contestazioni mosse all’amministratore figuravano: la mancata presentazione del rendiconto consuntivo per l’anno 2023, la tardiva convocazione dell’assemblea per l’approvazione del bilancio 2022, il mancato riscontro ad una richiesta di documenti condominiali e la mancata rimozione dei nomi delle ricorrenti dal citofono dello stabile. Le ricorrenti sostenevano che tali comportamenti costituissero gravi irregolarità ai sensi dell’art. 1129 c.c., tali da giustificare la rimozione dell’amministratore dal suo incarico mediante l’intervento dell’autorità giudiziaria.
La decisione del Tribunale napoletano offre un’importante occasione per riflettere sui limiti e sulle condizioni per l’esercizio dell’azione di revoca dell’amministratore, differenziando tra ciò che può essere considerato una vera e propria “grave irregolarità” e ciò che invece rappresenta una semplice inadempienza contrattuale non sufficiente a giustificare un provvedimento così incisivo. In particolare, la pronuncia affronta questioni di grande interesse pratico, quali il termine entro cui l’amministratore è tenuto a presentare i bilanci, le modalità con cui i condomini possono accedere alla documentazione condominiale e, non ultimo, la rilevanza giuridica della “conferma” dell’amministratore rispetto alla nuova nomina.
Avv. Cosimo Montinaro – e-mail segreteria@studiomontinaro.it ➡️RICHIEDI UNA CONSULENZA ⬅️
Indice
- ESPOSIZIONE DEI FATTI
- NORMATIVA E PRECEDENTI
- DECISIONE DEL CASO E ANALISI
- ESTRATTO DELLA SENTENZA
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ESPOSIZIONE DEI FATTI
La vicenda giudiziaria ha origine dal ricorso presentato da due condomine di un immobile situato in un condominio napoletano. Le ricorrenti, legate da un rapporto di usufruttuaria e nuda proprietaria dell’appartamento, si sono rivolte al Tribunale di Napoli chiedendo la revoca dell’amministratore condominiale in carica. Il ricorso, depositato il 26 novembre 2024, era fondato sull’asserita esistenza di gravi irregolarità nella gestione condominiale, tali da giustificare l’intervento dell’autorità giudiziaria ai sensi dell’articolo 1129 del codice civile.
Entrando nel dettaglio delle contestazioni mosse all’amministratore, le ricorrenti lamentavano in primo luogo la mancata presentazione del rendiconto consuntivo relativo all’anno 2023, circostanza che, a loro avviso, integrava una violazione sia delle norme di legge sia delle disposizioni contenute nel regolamento condominiale. Un ulteriore motivo di doglianza era rappresentato dalla tardiva convocazione dell’assemblea finalizzata all’approvazione del rendiconto consuntivo dell’anno 2022, che sarebbe stata indetta dall’amministratore solo in data 15 dicembre 2023, quindi con un notevole ritardo rispetto a quanto previsto dalla normativa e dal regolamento condominiale.
In aggiunta a tali contestazioni, le ricorrenti lamentavano il mancato riscontro ad una comunicazione inviata via PEC in data 19 settembre 2024, con la quale il loro legale aveva richiesto all’amministratore l’invio di alcuni documenti condominiali. Infine, completava il quadro delle presunte irregolarità la mancata eliminazione dei nominativi delle ricorrenti dal citofono del condominio, circostanza che, secondo la prospettazione delle istanti, costituiva un’ulteriore manifestazione della negligenza dell’amministratore nell’adempimento dei propri doveri.
A fronte di tali contestazioni, l’amministratore ha presentato le proprie difese, evidenziando innanzitutto come la sua posizione non potesse considerarsi in regime di “prorogatio“, dal momento che era stato confermato nell’incarico dall’assemblea condominiale in data 15 dicembre 2023. Questo aspetto assumeva particolare rilevanza in quanto incideva sulla durata del mandato e, conseguentemente, sui termini entro cui l’amministratore era tenuto a presentare i rendiconti e convocare le relative assemblee.
In merito alla questione della presentazione dei rendiconti, l’amministratore sosteneva di aver regolarmente convocato le assemblee per l’approvazione dei bilanci, tanto per l’anno 2022 (assemblea del 13 aprile 2023) quanto per l’anno 2023 (assemblea del 28 giugno 2024), e che il mancato raggiungimento del quorum necessario per deliberare non poteva essere imputato a sua responsabilità, ma dipendeva esclusivamente dalla scarsa partecipazione dei condomini. Per quanto riguarda la richiesta di documenti, l’amministratore richiamava le disposizioni dell’art. 1129 c.c. e dell’art. 1130 bis c.c., evidenziando come queste non prevedessero un obbligo di trasmissione della documentazione ma solo il diritto dei condomini di prenderne visione ed estrarre copia presso il suo studio.
NORMATIVA E PRECEDENTI
Il contesto normativo entro cui si inserisce la vicenda in esame è rappresentato principalmente dalle disposizioni del codice civile che disciplinano l’amministrazione condominiale, con particolare riferimento agli articoli 1129, 1130, 1130 bis, 1133, 1136 e 1137. Queste norme definiscono i doveri dell’amministratore, le modalità di nomina e revoca, nonché i rimedi a disposizione dei condomini in caso di irregolarità nella gestione.
L’articolo 1129 del codice civile, nella sua formulazione post riforma del 2012 (legge n. 220/2012), rappresenta il cardine della disciplina in materia di revoca dell’amministratore. In particolare, il comma 12 di tale disposizione elenca una serie di comportamenti che sono considerati gravi irregolarità e che possono giustificare la rimozione dell’amministratore da parte dell’autorità giudiziaria. Tra questi, il n. 1 del comma 12 indica esplicitamente la mancata convocazione dell’assemblea per l’approvazione del rendiconto condominiale, sottolineando così l’importanza della trasparenza contabile nella gestione del condominio.
Un altro aspetto normativo rilevante nel caso in esame è rappresentato dal comma 10 dell’art. 1129 c.c., che fissa la durata dell’incarico dell’amministratore in un anno, prevedendo che, in mancanza di dimissioni o di revoca, la carica si intende tacitamente rinnovata per uguale periodo. Questa disposizione incide direttamente sulla questione della prorogatio dell’amministratore e sulla distinzione tra “conferma” e “nuova nomina“, aspetti centrali nella decisione del Tribunale di Napoli.
Per quanto concerne l’accesso alla documentazione condominiale, vengono in rilievo il comma 7 dell’art. 1129 c.c. e l’art. 1130 bis c.c., i quali disciplinano rispettivamente l’obbligo dell’amministratore di tenere specifici registri e di rendere accessibili ai condomini i documenti giustificativi delle spese. Tali norme, come interpretate dalla giurisprudenza di legittimità, non prevedono un obbligo di trasmissione a domicilio dei documenti, ma solo il diritto di prenderne visione ed estrarne copia presso il luogo indicato dall’amministratore.
Sul piano delle tutele processuali, l’art. 1129 c.c. si inserisce nel contesto più ampio dei rimedi a disposizione dei condomini, che comprendono sia la possibilità di impugnare le delibere assembleari (art. 1137 c.c.) sia quella di revocare l’amministratore tramite delibera assembleare (non richiedente motivazione) o ricorso all’autorità giudiziaria (per gravi irregolarità).
In tema di precedenti giurisprudenziali, il Tribunale di Napoli richiama diverse pronunce della Suprema Corte che hanno affrontato la questione delle spese legali nei procedimenti di volontaria giurisdizione caratterizzati da una contrapposizione di interessi. In particolare, vengono citate l’ordinanza della Cassazione n. 3198/2023, l’ordinanza n. 18576/2014 della sesta sezione civile, nonché pronunce più risalenti (Cass. Civ., sez. VI, 27 febbraio 2012; Cass. Civ., sez. II, 26 giugno 2006, n. 14742) e, da ultimo, l’ordinanza n. 15706/17. Tali precedenti confermano l’orientamento secondo cui, anche nei procedimenti di volontaria giurisdizione, quando vi sia un conflitto di interessi tra le parti, la soccombenza determina la condanna alle spese processuali.
DECISIONE DEL CASO E ANALISI
Il Tribunale di Napoli ha affrontato preliminarmente la questione della legittimazione attiva al ricorso, stabilendo che questa sussiste esclusivamente in capo ai condomini e, nel caso di specie, alla sola nuda proprietaria dell’immobile, come risultante dall’atto di compravendita allegato. Il Collegio ha chiarito che lo strumento della revoca previsto dall’art. 1129 c.c. ha natura strumentale a tutela dell’interesse collettivo e generale dei condomini per una corretta amministrazione, adempiendo ad una funzione cautelare e avendo natura sostanzialmente amministrativa.
Entrando nel merito delle contestazioni mosse all’amministratore, il Tribunale ha innanzitutto esaminato la questione della durata dell’incarico e della presunta prorogatio, esprimendo il principio secondo cui la conferma dell’amministratore, che richiede le stesse maggioranze previste dall’art. 1136, quarto comma, c.c., equivale a nuova nomina con conseguente applicazione dei termini annuali (uno + uno) previsti dall’art. 1129 c.c., comma 10. A parere del Collegio, non si rinviene nel codice una disciplina differenziata tra la nomina e la c.d. “conferma“, pertanto l’amministratore in questione, essendo stato confermato il 15 dicembre 2023, non poteva considerarsi attualmente in regime di prorogatio.