Doppia impugnazione del licenziamento: da quale decorre il termine per il ricorso?
INTRODUZIONE
Nel complesso scenario del diritto del lavoro italiano, la Corte di Cassazione ha affrontato nel 2018 una questione di cruciale importanza: la decorrenza del termine per il ricorso giudiziale in caso di doppia impugnazione del licenziamento. Da un lato, l’impugnazione sindacale, tradizionalmente riconosciuta come valida anche senza esplicito mandato del lavoratore. Dall’altro, l’impugnazione personale del dipendente. Ma quale delle due fa scattare il countdown per l’azione in Tribunale? Questa sentenza getta nuova luce su un delicato equilibrio tra tutela collettiva e diritto individuale di difesa, ridefinendo i confini dell’interazione tra rappresentanza sindacale e autonomia del lavoratore nel contenzioso lavorativo.
INDICE
ESPOSIZIONE DEI FATTI
Il caso in esame trae origine da un licenziamento intimato il 21 agosto 2014 da una ditta nei confronti del dipendente N.A. La peculiarità della vicenda risiede nella duplice impugnazione stragiudiziale del licenziamento, entrambe proposte entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione dello stesso.
La prima impugnazione fu effettuata da un’organizzazione sindacale, senza prova della conoscenza di tale atto da parte del lavoratore. La seconda, invece, fu formulata dal difensore del lavoratore, munito di procura speciale. Questa doppia impugnazione ha sollevato un cruciale quesito giuridico: da quale delle due impugnazioni dovesse decorrere il termine di decadenza per la successiva proposizione del ricorso giudiziale.
Il Tribunale di Modena, in primo grado, respinse l’opposizione del lavoratore, ritenendo intervenuta la decadenza per la proposizione del ricorso giudiziale. La Corte d’Appello di Bologna, con sentenza n. 1003/2016, confermò tale decisione, basandosi sui seguenti punti chiave:
- Riconobbe la titolarità del sindacato all’impugnazione stragiudiziale del licenziamento, anche senza procura o ratifica del lavoratore.
- Ritenne che l’eventuale mancata conoscenza da parte del lavoratore dell’impugnazione sindacale non incidesse sulla sua validità, rendendo irrilevante quella successiva del difensore.
- Considerò la lettera raccomandata prova certa della trasmissione e della data dell’impugnazione sindacale.
Il lavoratore propose ricorso per cassazione, contestando principalmente l’interpretazione dell’art. 6 della L. n. 604 del 1966. Sostenne che il potere rappresentativo del sindacato dovesse estendersi anche alla fase del ricorso giudiziale o, in alternativa, che la decadenza potesse decorrere solo se il lavoratore fosse stato messo in condizione di attivarsi per la propria tutela.
NORMATIVA E PRECEDENTI
Il quadro normativo di riferimento è costituito principalmente dall’art. 6 della L. n. 604 del 1966, modificato nel tempo dalla L. n. 183 del 2010 e dalla L. n. 92 del 2012.
Nella sua versione originaria, l’art. 6 prevedeva un unico termine di decadenza di 60 giorni per l’impugnazione stragiudiziale del licenziamento. La L. n. 183 del 2010 ha introdotto un doppio termine di decadenza: 60 giorni per l’impugnazione stragiudiziale e ulteriori 180 giorni per il deposito del ricorso giudiziale.
La giurisprudenza precedente aveva consolidato il principio secondo cui l’impugnazione sindacale del licenziamento fosse valida anche senza procura o ratifica del lavoratore. La Cassazione, con sentenza n. 26514 del 27.11.2013, aveva affermato che “in materia di licenziamenti individuali, il termine decadenziale per l’impugnazione del licenziamento […] può essere interrotto, con atto scritto, oltre che del lavoratore, anche di una Organizzazione Sindacale, senza che sia necessario il conferimento di una procura ex ante – o la ratifica successiva – da parte del lavoratore“.
Tuttavia, il caso in esame ha sollevato una nuova questione: come applicare questi principi in presenza di una doppia impugnazione, sindacale e personale, entrambe tempestive?
DECISIONE DEL CASO E ANALISI
La Corte di Cassazione, con questa sentenza del 2018, ha introdotto un’importante precisazione al principio consolidato sull’impugnazione sindacale.
Il Collegio ha riconosciuto che il nuovo sistema introdotto dalla L. n. 183 del 2010, caratterizzato da una fattispecie decadenziale concatenata, privilegia la sussistenza dei requisiti di volontà e consapevolezza da parte del lavoratore. Questo perché da tali atti si innescano le ulteriori attività procedurali finalizzate alla difesa della situazione giuridica soggettiva del lavoratore.
La Corte ha quindi stabilito che:
- L’Organizzazione Sindacale resta idonea a proporre l’impugnativa del licenziamento entro il termine di sessanta giorni, anche a prescindere dalla conoscenza del lavoratore.
- Tuttavia, qualora entro lo stesso termine di legge, il lavoratore abbia avanzato autonoma impugnazione, personalmente o a mezzo di difensore munito di mandato speciale, il successivo termine di decadenza per proporre il ricorso giudiziale decorre da quest’ultima impugnazione.
Questa decisione si basa sulla certezza della cognizione da parte dell’interessato, in una prospettiva di pieno ed effettivo esercizio del suo diritto alla tutela giudiziaria, costituzionalmente ed eurounitariamente garantito.
La Corte ha quindi cassato la sentenza della Corte d’Appello, rinviando la causa ad altro giudice per un nuovo esame della fattispecie alla luce di questo principio.
Questa sentenza rappresenta un importante bilanciamento tra la tutela collettiva offerta dal sindacato e il diritto individuale di difesa del lavoratore. Riconosce il valore dell’intervento sindacale, ma privilegia la consapevolezza e la volontà del singolo lavoratore quando questi si attiva personalmente.
Per i professionisti del diritto del lavoro, questa pronuncia sottolinea l’importanza di una gestione attenta delle impugnazioni di licenziamento, soprattutto in presenza di un intervento sindacale. Per i lavoratori, evidenzia l’importanza di un’azione consapevole e tempestiva nella tutela dei propri diritti.
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ESTRATTO DELLA SENTENZA
“E’ stato sopra specificato che la nuova formulazione dell’art. 6 citato contempla una nuova fattispecie decadenziale, costituita da una serie di oneri concatenati tra loro e da adempiere in tempi ristretti.
Il nuovo sistema, pertanto, per la rigidità che lo caratterizza, privilegia la sussistenza dei requisiti di volontà e consapevolezza da parte del lavoratore dell’atto – sebbene non diretto nell’intenzione a produrre un effetto giuridico che consegue, invece, automaticamente ex lege dal compimento dell’atto stesso – perchè da questo si innescano le ulteriori attività procedurali finalizzate alla difesa della vantata situazione giuridica soggettiva.
Infatti, la volontà e la consapevolezza della esistenza dell’atto incidono sull’esercizio del diritto di difesa in quanto solo una visione completa e informata da parte dell’interessato delle varie scansioni temporali, cui è successivamente obbligato, non determina una compromissione della sua tutela giudiziaria, in violazione dell’art. 24 Cost., dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE e degli artt. 6 e 13 della CEDU.
L’Organizzazione Sindacale, pertanto, resta idonea a valutare gli interessi del lavoratore iscritto e a proporre, nel suo interesse e a prescindere dalla conoscenza di questi, l’impugnativa del licenziamento entro il termine di sessanta giorni, ma qualora entro lo stesso termine di legge, il lavoratore abbia avanzato autonoma impugnazione, personalmente o a mezzo di difensore munito di mandato speciale, il successivo termine di decadenza per proporre il ricorso giudiziale non potrà che decorrere da tale ultima impugnazione, in relazione alla quale vi è la certezza della cognizione da parte dell’interessato, in una prospettiva di un pieno ed effettivo esercizio del suo diritto alla tutela giudiziaria che è un bene, a livello ordinamentale, costituzionalmente ed Euro-unitariamente riconosciuto e garantito”
(Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, sentenza n. 16591/2018)