Una recente sentenza del Tribunale di Padova ha condannato una RSA al risarcimento di oltre 500.000 euro ai familiari di un anziano ospite deceduto per Covid-19 nel novembre 2020. Il giudice ha ritenuto la struttura responsabile del contagio dell’82enne, evidenziando gravi carenze nell’assistenza sanitaria fornita al paziente dopo la positività al virus. La pronuncia solleva importanti questioni sulla gestione dell’emergenza pandemica nelle residenze per anziani e sui doveri di protezione e cura verso gli ospiti fragili. Quali standard di prevenzione e assistenza erano esigibili dalle RSA in quel periodo? E come valutare il nesso causale tra eventuali omissioni e il decesso in un contesto di alta mortalità per Covid tra gli anziani?
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Per una comprensione completa della vicenda giudiziaria, ti invitiamo a proseguire con la lettura del testo completo.
INDICE
- ESPOSIZIONE DEI FATTI
- NORMATIVA E PRECEDENTI
- DECISIONE DEL CASO E ANALISI
- ESTRATTO DELLA SENTENZA
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ESPOSIZIONE DEI FATTI
Nel dicembre 2018, un uomo di 82 anni affetto da varie patologie croniche viene accolto come ospite presso una RSA in provincia di Torino, gestita da una cooperativa sociale. Il 17 novembre 2020, in piena seconda ondata pandemica, l’anziano viene sottoposto a tampone molecolare per Covid-19, risultando positivo. La notizia della positività viene comunicata alla struttura il 20 novembre.
Nei giorni successivi, secondo quanto emerso in giudizio, l’assistenza fornita all’ospite risulta gravemente carente: per oltre 58 ore dopo la comunicazione della positività non viene effettuato alcun controllo dei parametri vitali o visita medica. Solo sporadicamente il personale OSS annota genericamente che il paziente è “nella norma“, senza però specificare rispetto a quale situazione.
Il 25 novembre, a 5 giorni dalla notizia della positività, vengono finalmente rilevati i primi segni di peggioramento: febbre, saturazione dell’ossigeno al 90% e respiro affannoso. Nonostante ciò, non viene disposto alcun ricovero ospedaliero né visita medica. Vengono somministrati solo ossigeno a basso flusso e aerosol, su indicazione telefonica del direttore sanitario.
Nelle 10 ore successive non viene effettuato alcun ulteriore controllo, fino a quando alle 3:30 del 26 novembre l’infermiere di turno constata il decesso dell’anziano. In tutto il periodo intercorso tra la positività e il decesso, nessun medico ha mai visitato il paziente.
I familiari dell’82enne – la moglie 64enne e il figlio 26enne – citano in giudizio la cooperativa che gestisce la RSA, chiedendo il risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale. Contestano alla struttura di non aver adottato adeguate misure per prevenire il contagio e di aver omesso la necessaria assistenza sanitaria dopo la positività, causando così il decesso del loro congiunto.
NORMATIVA E PRECEDENTI
Il caso in esame si inquadra nell’ambito della responsabilità delle strutture sanitarie per i danni subiti dai pazienti, con particolare riferimento alle infezioni nosocomiali come il Covid-19.
La giurisprudenza consolidata della Cassazione ha chiarito che in questi casi si applica il regime probatorio di cui all’art. 1218 c.c.: spetta al paziente dimostrare il nesso causale tra il ricovero e l’infezione, mentre grava sulla struttura l’onere di provare di aver adottato tutte le misure necessarie a prevenirla (Cass. civ. sez. III, 22/02/2023, n. 5490).
Per quanto riguarda gli specifici obblighi di prevenzione delle infezioni, la Suprema Corte ha delineato un elenco dettagliato delle misure esigibili dalle strutture sanitarie, tra cui: adozione di protocolli di disinfezione e sterilizzazione, sistemi di sorveglianza e notifica, limitazione degli accessi, profilassi del personale, adeguato rapporto numerico personale-pazienti, monitoraggio microbiologico (Cass. civ. sez. III, 03/03/2023, n. 6386).
Nel contesto della pandemia da Covid-19, varie pronunce di merito hanno applicato questi principi alle RSA, evidenziando gli specifici obblighi di protezione verso gli anziani ospiti, particolarmente vulnerabili al virus. Si è sottolineata la necessità di predisporre tempestivamente adeguati protocolli anti-contagio, effettuare screening periodici di ospiti e personale, isolare prontamente i casi sospetti (Trib. Roma, 04/11/2022, n. 16459).
Quanto al nesso causale, la giurisprudenza richiede la prova che l’adozione delle misure omesse avrebbe avuto “serie ed apprezzabili possibilità di successo” nell’evitare l’evento dannoso, secondo un criterio di causalità probabilistica (Cass. civ. sez. III, 11/11/2019, n. 28991).
Per la quantificazione del danno da perdita del rapporto parentale, i tribunali fanno riferimento alle tabelle elaborate dal Tribunale di Milano, che prevedono importi variabili in base all’età della vittima e dei familiari superstiti.
DECISIONE DEL CASO E ANALISI
Il Tribunale di Padova ha accolto la domanda risarcitoria dei familiari, condannando la RSA al pagamento di oltre 500.000 euro complessivi.
La decisione si basa su due profili di responsabilità della struttura:
- Responsabilità per il contagio da Covid-19 dell’ospite
Il giudice ha ritenuto provato che l’infezione sia stata contratta all’interno della RSA, applicando la presunzione di responsabilità ex art. 1218 c.c. La struttura non è riuscita a dimostrare di aver adottato tutte le misure necessarie per prevenire il contagio, come richiesto dalla giurisprudenza. In particolare, è emersa una grave carenza nei controlli periodici su ospiti e personale, con un “buco” di 7 giorni nei tamponi proprio nel periodo in cui si è verificato il contagio dell’anziano.
- Responsabilità per le carenze assistenziali dopo la positività
Il Tribunale ha ravvisato una “marcata negligenza” nell’assistenza fornita al paziente dopo la notizia della positività. In particolare:
- Per oltre 58 ore non è stato effettuato alcun controllo dei parametri vitali
- Nessun medico ha mai visitato il paziente
- Non sono stati disposti accertamenti diagnostici né terapie specifiche
- Non è stato disposto il ricovero ospedaliero nonostante i segni di aggravamento
Queste omissioni, secondo il giudice, hanno “fatalmente” ridotto le possibilità di sopravvivenza del paziente, quantificate dai consulenti tecnici nel 25%.
Tuttavia, il Tribunale non ha accolto la domanda di risarcimento specificamente basata su queste carenze assistenziali, ritenendo non sufficientemente provato che una corretta assistenza avrebbe certamente evitato il decesso. Ha invece liquidato il danno da perdita del rapporto parentale derivante dal contagio colposo, quantificandolo in 252.375 euro ciascuno per la moglie e il figlio.
La decisione appare rigorosa nel valutare gli obblighi di prevenzione e assistenza gravanti sulla RSA, in linea con i più recenti orientamenti giurisprudenziali. Emerge con chiarezza il dovere delle strutture per anziani di approntare sistemi efficaci di screening e isolamento, nonché di garantire un’assistenza tempestiva e qualificata in caso di positività, anche ricorrendo al ricovero ospedaliero se necessario.
D’altra parte, il Tribunale mostra prudenza nel non affermare un automatismo tra le carenze assistenziali e il decesso, tenendo conto dell’età avanzata e delle patologie pregresse del paziente. Ciò riflette la difficoltà di stabilire nessi causali certi in un contesto di elevata mortalità da Covid-19 tra gli anziani fragili.
La quantificazione del danno appare in linea con i parametri tabellari in uso, considerando l’età della vittima e dei familiari. La pronuncia conferma così la tendenza ad accordare risarcimenti significativi per la perdita di congiunti anziani, valorizzando il legame affettivo a prescindere dall’aspettativa di vita residua.
ESTRATTO DELLA SENTENZA
“Ciò premesso, osserva questo tribunale che è pacifica la diretta riconducibilità causale dell’infezione Covid 19 alla prestazione resa dalla Cooperativa, nel senso che è incontestato che il contagio di sia avvenuto all’interno della rsa gestita dalla medesima.